Covid-19: che cosa ci ha insegnato sulla leadership?

Covid-19: che cosa ci ha insegnato sulla leadership?

Oggi faccio una cosa diversa, non amo particolarmente le premesse ma inizierò questo post con ben due premesse, brevi ma doverose per spiegare che cosa c’entra il Covid-19 con la leadership e la Fase 2.

La prima: di questa quarantena ho amato tantissimo l’effetto tana che ben si è conciliato con un periodo lavorativo molto intenso. Ho detestato tantissimo le continue video chiamate e riunioni di allineamento che partono con un obiettivo e finiscono altrove, portando via tempo ed energia. Ma ora non vedo l’ora che finisca per tornare a ritmi normali.

La seconda: mi piace dare i nomi alle cose, ai periodi e alle fasi che vivo… e se all’inizio di tutta questa emergenza ho titolato il momento “prove generali di resilienza”, poi l’ho trasformato in “strana osservazione della strana specie”.

Da questi due pensieri nasce la riflessione di oggi. Pochissime realtà erano pronte allo smart working, nella maggior parte dei casi si è trattato di una scelta obbligata, nonché improvvisataed improvvisata è stata spesso anche la gestione. Durante le sessioni di coaching di queste settimane ho sentito racconti diversi in cui lo scenario lavorativo di chi viveva in smart working oscillava tra due sensazioni opposte: totale isolamento professionale o totale immersione nel lavoro. Telefoni che suonano a ogni ora, messaggi con richieste di telefonate in orari improbabili, notifiche continue, il tutto senza più rispetto di momenti e giorni della settimana, come se il fatto di essere sempre a casa coincidesse con l’essere sempre disponibili. Ed ecco il valzer delle call infinite, di quelle spostate, di quelle bucate e di quelle abbandonate per passare ad altre call… A cui segue il valzer della ricerca dei momenti tranquilli per lavorare lontano dalle chiamate del capo in modalità scimmia attaccata alla to do list che diventa sempre più infinita.

Che cos’è la fase 2 della leadership?

Lo smart working durerà a lungo e per quanto sino a oggi molte aziende e molti manager si siano “concessi il lusso” di fare orecchie da mercante rispetto alla leadership occorre fare il salto di qualità, non fosse altro che per tutelare la produttività e la crescita del business stesso.

Se nella fase 1, ovvero quella vissuta fino a ora, abbiamo assistito all’utilizzo della parola leadership più che altro per fare proclami, adesso è necessario attivare un cambio di mentalità ed entrare nella fase 2quella della concretezza in cui, per esempio, le costanti e continue riunioni usate per stare con il fiato sul collo delle persone lasciano il posto all’efficienza e alla produttività.

Cinque gli elementi chiave, caro leader:

Autonomia: impara a delegare.

Responsabilità: permetti alle persone di lavorare per obiettivi.

Valorizzazione dei talenti: conosci le singole risorse e dai loro la possibilità di eccellere in ciò in cui riescono meglio.

Ascolto: parla di meno, osserva di più e fai domande con umiltà.

Feedback: esercitati a dare feedback costruttivi nei momenti prestabiliti e proteggi il tuo team.

Conclusione

Pretendi flessibilità? Impara a concederla.

Chiudo con questa provocazione… a vario titolo e in vario modo abbiamo passato tutti molto più tempo davanti a uno schermo in video chiamata, per lavoro, per studio, per vedere la famiglia o per stare con gli amici… ma quanto abbiamo colto davvero l’occasione di osservare l’altro e conoscerlo meglio?

 

 

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