Ti ascolti quando parli?

Ti ascolti quando parli?

Ti ascolti quando parli?

Qualche settimana fa, a proposito di lamentele e del come spezzare il circolo vizioso, ho introdotto come primo passo l’ascolto delle parole che pronunciamo... e l’ho fatto con questa frase: “La mia regola è usare soltanto parole che migliorino il silenzio”. (Eduardo Galeano).

Penso che Abracadabra abbia a che fare con questo.

L’origine di questa parola (in greco antico ἀβρακαδάβρα) è un po’ controversa, tra le varie ipotesi ho scelto quella che riconduce all’aramaico Avrah KaDabra che significa: “Io creerò come parlo”. Altre la riconducono all’ebraico ha-bĕrakāh dabĕrāh ossia: “Pronunciare la benedizione”. Insomma, era una parola talmente potente da essere utilizzata anche da Quinto Sereno Sammonico, medico romano del III secolo, nel suo Liber Medicinalis, per rendere più efficaci le pozioni e i farmaci. In sostanza posiamo dire che Abracadabra era utilizzata in senso magico.

Perché vi ho raccontato questa storia? Perché più lavoro con i miei coachee e ascolto le loro storie e le parole che scelgono per raccontarle, più mi accorgo di quanto le parole siano in grado di influenzare la percezione della loro vita e del loro futuro. “Io creerò come parlo”, appunto.

Le favole, ancora una volta, ci indicano la strada e ci svelano verità nascoste in piccoli gesti.

Come funziona il dialogo interiore

Il nostro dialogo interiore è sempre attivo, h24 e 7 su 7, non ci dà tregua mai e per la maggior parte dei momenti è inconsapevole e in quelle parole silenziose, che ci spinge a pronunciare tra noi, si intrecciano riflessioni sul nostro vissuto, sull’interazione con gli altri e quello che ci accade. In quei momenti ci possiamo proteggere, amare oppure giudicare, giustificare o colpevolizzare e dipende da ciò che abbiamo imparato o dedotto dalle situazioni.

Quelle stesse parole influenzano la nostra vita. Pensate a quelle frasi che vi sono state dette magari da bambini in momenti particolari o da persone capaci di toccarvi nel profondo positivamente, o negativamente, e che ancora vi risuonano e hanno il potere di modificare il vostro umore.

Parlo anche di piccole osservazioni che però vi hanno colpito: “Non sai cantare, smettila”, "Sei stonato", “Sei troppo emotivo”, “Non dire sciocchezze” e via dicendo.

Come correggere il dialogo interiore

ASCOLTA LE PAROLE CHE PRONUNCI e chiediti: sono positive o negative? Parlo per negazioni o affermazioni? Propongo soluzioni o mi soffermo sul problema?

Ricorda che il cervello non registra la negazione, se ti dico NON aprire quella porta, tu penserai ad aprirla, ecco perché se le tue frasi sono piene di NON sarai sempre appesantito dalla negatività. È ben diverso dire: “Desidero essere in salute”, piuttosto che: “NON voglio ammalarmi”. Nel primo caso ti focalizzerai sulla salute, nel secondo sulla malattia.

ASCOLTA IL TUO DIALOGO INTERIORE e chiediti: in che modo mi descrivo? Scelgo parole positive o negative? Vedi punto precedente.

AGISCI e prendi nota di tutte le frasi negative e poi:

  • Riscrivile in modo positivo. Per esempio anziché dire: “Non voglio più relazioni che mi rendono infelice”, ti dirai: “Mi amerò di più”, oppure: “Farò tutto ciò che è in mio potere per relazionarmi solo con persone in linea con i miei valori o i miei desideri”.
  • Elimina tutte le frasi con espressioni definitive e trasformale in chance per il futuro e così passeremo dal: “Non saprò mai cantare”, al: “Non sono ancora capace di cantare, ma troverò l’insegnante giusto per me”.

Conclusione

Dice bene Eduardo Galeano e, parafrasandolo, potremmo dire che la nostra prossima sfida sarà: “usare soltanto parole che migliorino il silenzio”.

Il tema è assai delicato, credo molto nel potere salvifico o distruttivo del linguaggio che utilizziamo. Ma ritengo anche che sia fondamentale capirne le origini e le sue funzioni.

Come? Lo scoprirete venerdì!

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