Stai negando le tue emozioni? Fai un check dei segnali!

Nel mio ultimo articolo ti ho parlato di fragilità e della necessità di essere in grado di prendere atto delle emozioni invece di riversarle sugli altri. E per quanto ci possa sembrare impossibile negare le emozioni, la cosa accade più spesso di quanto pensiamo, ma vi dirò di più… il motivo per cui lo facciamo è legato a doppio filo alla pericolosa e falsa convinzione che ci hanno letteralmente installato nel cervello: “i problemi si risolvono agendo e non provando qualcosa”.

Una frase che di primo acchito ci può sembrare non solo innocua ma anche totalmente vera e concreta.

La realtà è molto più complessa di così. Se infatti da una parte è vero che l’azione ci aiuta a procedere e cavalcare il cambiamento – e da coach non posso che sposare l’idea – dall’altra, è vero anche che, prima di agire, devo capire il punto in cui sono e cosa sto provando davvero. In quell’immersione posso trovare la mia autenticità e tracciare una strada concreta e personale.

Oltretutto, la sofferenza non svanisce solo perché la si nega. Anzi “s’inasprisce, aumenta e induce comportamenti che non rispecchiano assolutamente ciò che vorremmo essere o vorremmo raggiungere.”

Stai pensando che a te non succede mai? Che sei una persona consapevole che si ascolta e si fa domande? Bene, ma un doppio check non fa mai male… le credenze limitanti a volte si concretizzano in modi imprevedibili.

Quattro segnali da non sottovalutare

Brenè Brown, ne “La forza della fragilità”, individua le strategie più comuni che attiviamo per sfogare il dolore, quando crediamo di averlo represso semplicemente negandone l’esistenza.

  • Saltare per aria. Hai presente quando all’improvviso un commento apparentemente innocuo ti manda in escandescenze o in lacrime, o un errore banale ti mette in crisi e ti fa vergognare oltre misura? Non è perché sei in una giornata storta (o forse sì)! Nella maggior parte dei casi, specie se ti capita spesso, è perché pensavi di aver sepolto un dolore in profondità, ma quel dolore in realtà era tutto lì… aspettava solo di sgorgare. E per quanto ti possa illudere di essere una persona integra, la verità è che non è possibile essere autentici reprimendo il dolore o sfogandolo sull’altro. Questo creerà solo continui stati di tensione che a loro volta creeranno fratture enormi nel proprio senso di sicurezza e di autostima. Un continuo prelievo a fondo perduto dal conto corrente della fiducia in te stessa/o.

 

  • Negare il dolore. Comportamento tipico dell’ego in azione. Quando parlo di ego, mi riferisco a quella parte di te concentrata sugli altri in modo tossico. Sul fare bella figura e che vuole essere sempre superiore e avere sempre ragione. Per definizione l’ego ritiene che le emozioni e i sentimenti siano cose da falliti. Nega la verità e la vulnerabilità. Punta a garantire a chi ti ha ferito che stai benissimo, che non è successo nulla, che sei impermeabile a tutti. “L’ego è scaltro, bugiardo e traditore”.

 

  • Attutire il dolore. Qual è il tuo rimedio per diventare insensibile al dolore? Ognuno di noi usa il rimedio più efficace. Peccato che agisca solo sul breve termine. Le strategie sono le più svariate: perfezionismo, cambiamenti ossessivi, alcol, droghe, cibo, sesso, gioco, denaro, lavoro, shopping etc… etc… A ognuno il suo: “siamo la popolazione di adulti più indebitata, obesa, impasticcata e assuefatta della storia umana”.

 

  • Accumulare sofferenza. “Esiste un’alternativa insidiosa e silenziosa alle tre strategie precedenti: è l’accumulo della sofferenza. Invece di esplodere, di negare le nostre reali emozioni o di attutirle, le accumuliamo un po’ alla volta finché la parte più sincera di noi, il nostro corpo, decide che il troppo è troppo. Fino ad arrivare al punto di non riuscire più a dormire o a mangiare, o a essere così ansiosi da non riuscivano a concentrarsi sul lavoro, o così depressi da non potersi alzare dal letto. La depressione e l’ansia sono due delle prime reazioni corporee all’accumulo di sofferenza, naturalmente, hanno una precisa spiegazione biochimica: sono reazioni che non possiamo controllare, ma che possono derivare dalla sofferenza non riconosciuta e non metabolizzata”.

Perché lo facciamo?

Vi dirò di più, esserne coscienti non basta. Uno dei motivi per cui neghiamo le emozioni, infatti, è la “paura di restare incastrati”.

Il messaggio che ci manda il nostro cervello, la famosa credenza limitante di cui parlavo all’inizio, induce a pensare che se ammettessimo di soffrire, di avere paura, di essere arrabbiati, non potremmo più tornare indietro e rischieremmo di essere investiti da una valanga di emozioni incontrollabili.

Vero, ma manca questa credenza è tale perché manca di prospettiva: “negare le emozioni non è come stare attenti ai cordoli alti quando stai parcheggiando, ma è come non uscire nemmeno dal garage. Lì dentro si al sicuro ma non si va da nessuna parte”.