Nati per spettegolare

Nati per spettegolare

Nati per spettegolare

Secondo alcuni studiosi il linguaggio umano è nato per parlare degli altri, il che non fa che confermare l'importanza delle relazioni interpersonali e la necessità delle chiacchierare alle macchinette del caffè

Uno degli argomenti più studiati da schiere di antropologi, linguisti e psicologi è quello della nascita e del “funzionamento” del linguaggio. Non che non esistano (o non siano esistite) altre forme di comunicazione: per milioni di anni i nostri antenati ominidi hanno comunicato in modo non verbale, utilizzando grida, richiami, gesti ed espressioni del corpo e del viso, in modo non diverso da come si esprimono numerose specie animali. Questo tipo di comunicazione, utile in molteplici situazioni, come segnalare un pericolo imminente, indicare una pozza d'acqua e richiamare i propri piccoli, non è però in grado né di indicare realtà astratte, formulare concetti, attribuire significati né di creare simboli in grado di essere intellegibili ad altri e, quindi, di generare una cultura.

Il linguaggio come noi lo intendiamo pare invece risalire a circa a 70.000 anni fa. Le ipotesi sulla sua origine sono molteplici, ma due in particolare si contendono il primato. La prima è quella del cosiddetto protolinguaggio ipotizzato da Derek Bickerton negli anni Settanta. Secondo Bickerton, l'Homo Erectus si esprimeva con un linguaggio molto semplice, privo di connessioni grammaticali (sul quale solo in seguito si sarebbero via via sovrapposti sistemi più complessi). Questo linguaggio rudimentale avrebbe determinato, pur nella sua semplicità, un salto di qualità nell'evoluzione delle funzioni e delle dimensioni del cervello, che a partire da quello stimolo crebbe e si sviluppò fino ad arrivare al cervello dell'Homo sapiens, cioè il nostro.

Secondo altre teorie (Noam Chomsky è uno dei principali fautori) si trattò invece di un processo brusco, che rigetta l'evoluzionismo di Darwin. In poche parole, secondo Chomsky, il nostro linguaggio attinge a una dotazione biologica innata nei Sapiens (non si capirebbe altrimenti la facilità con cui i bambini imparano a parlare) che però non deriverebbe da sistemi precedenti evoluti gradualmente, ma da mutazioni genetiche improvvise e casuali che avrebbero determinato la connessione di elementi prima sconnessi che si sarebbero aggregati formando quella che lui chiama grammatica universale, trasmessa poi per via ereditaria a tutti gli umani.

Perché è nato il linguaggio?

Comunque sia andata, questa “rivoluzione cognitiva”, consentì agli umani di pensare e di comunicare in forme raffinate e complesse, adatte a fornire informazioni anche a distanza e non necessariamente in presenza (come avviene nel linguaggio gestuale), a creare astrazioni e simboli, necessari a sviluppare idee, pensieri, fantasie, miti. Altro che le armi: fu il linguaggio a conferire la supremazia ai Sapiens che, non a caso, sbaragliarono le altre specie umane che vivevano sulla terra (tra cui i fortissimi Neanderthal).

L'aspetto più sorprendente è però il motivo per il quale il linguaggio sarebbe nato: non solo per indicare pericoli o discutere l'opportunità di combattere contro i leoni, ma soprattutto per scambiare opinioni e informazioni sul gruppo di appartenenza, non molto diversamente da quanto succede tutt'ora in una classe, un ufficio, una palestra. Per sapere come comportarci, con chi stringere alleanze o di chi diffidare dobbiamo conoscere «chi odia chi, chi dorme con chi, chi è onesto o chi è imbroglione» (da Sapiens, da animali a dei di Yuval Noah Harari). 

Chiacchierare, oltre a essere strettamente connesso alla natura umana, ha quindi reso possibile la cooperazione tra estranei, riuniti non più solo da legami di sangue e di gruppo, ma anche dalla condivisione di convincimenti e credenze (divinità, miti e leggende). Questo collante fatto di parole, di astrazioni, di fede, di idee (e di promesse dei politici), nato in origine probabilmente per sparlare della vicina di grotta un po' troppo osè nella sua pelliccia di leopardo, ci ha reso padroni del mondo. 

L'uomo è animale sociale per eccellenza: la cooperazione sociale è stata la nostra chiave di sopravvivenza, di riproduzione. I Sapiens sono gli unici animali in grado di interagire in molti modi (non necessariamente pacifici) con un numero indefinito di estranei. Ma è il linguaggio il vero responsabile di tutto questo, il suo potere è immenso, creativo e distruttivo allo stesso tempo: è utile ricordarsene ogni qualvolta vien voglia di aprire bocca ma anche prima di credere ciecamente e acriticamente a quanto ci viene detto. L'arte della manipolazione è più antica di quanto si creda