Il nome delle cose

Il nome delle cose

Il nome delle cose

Se gli occhi sono lo specchio dell'anima, il linguaggio è lo specchio della mente. Ma perché parliamo, come lo facciamo, quali processi innesca la parola, come utilizzare al meglio questa facoltà, unica, di noi umani? Vediamolo insieme.

Immaginate di non conoscere il nome del sale. Cosa fareste? Mangereste scipito oppure, una volta a tavola, lo indichereste col dito. Poco male.

Immaginate ora di dover spiegare che la vostra auto non funziona, senza però riuscire a descrivere il problema: il peggio che possa capitare è che il meccanico vi guardi con aria di sufficienza mentre apre il cofano. Di nuovo, niente di grave.

Immaginate infine di non sentirvi bene, di provare un malessere e non saperlo descrivere, né a chi vi sta vicino, né ai medici, né a voi stessi. Passa il tempo ma il disagio, invisibile a risonanze ed ecografie, non solo non se ne va ma peggiora e voi, impotenti, lo subite inerti, sentendovi sempre peggio. E qui sì invece che le cose si mettono male, come capitò agli abitanti di Thaiti: i thaitiani erano infatti perfettamente in grado di nominare il dolore fisico, come un mal di denti o di schiena, ma non avevano parole per individuare il dolore dell'anima, per indicare cioè la sofferenza spirituale. Non sapendo chiamarlo e quindi individuarlo, passaggio necessario per poi affrontarlo, andavano più facilmente di altri in crisi profonda, arrivando al suicidio.

E se mancano le parole?

Il punto è proprio questo: non avere le parole per nominare le cose, nei casi più gravi, può significare avere problemi a gestire la propria vita. Questa “mancanza di parole” viene chiamata da Robert Levy (lo psichiatra e antropologo americano che si è occupato dei suicidi dei thaitiani, scoprendone la causa) ipocognizione.

Tutto questo per dire cosa? Che siamo fatti non solo di carne e sangue ma anche di parole: le parole costituiscono il nostro stesso pensiero-ragione e hanno un potere enorme sulle nostre vite, ma questa consapevolezza spesso manca.

Pensare alle parole significa pensare al pensiero e di come si traduce in azione e viceversa di come l'azione è pensiero e dunque parola. Le parole sono in grado di fare, di costruire, di materializzare molto più di quanto siamo abituati a credere.

In questa serie di articoli ci occuperemo dunque di linguaggio, della sua origine, delle sue funzioni. Affronteremo il concetto di semantica, di metafora e molto altro ancora, senza la pretesa di esaurire argomenti tra i più complessi (dei quali si occupano la linguistica, l'antropologia, le neuroscienze, la filosofia del linguaggio...), ma più semplicemente con l'intento di spingere alla riflessione su qualcosa che pensiamo di conoscere e di saper maneggiare per istinto ma che in realtà in buona parte ignoriamo o diamo per scontato o non sfruttiamo nel modo migliore.