Come difendersi da un perfezionista

Come difendersi da un perfezionista

Come difendersi da un perfezionista

Cara Vera Verità,

il perfezionismo è un tema importante nelle nostre vite e in qualche modo siamo in tanti a esserne vittima e poiché siamo connessi gli uni agli altri in una rete di rapporti, collaborazioni e relazioni dobbiamo occuparci non solo delle nostre personali manifestazioni di perfezionismo ma anche di quelle degli altri.

Ho incontrato il perfezionismo altrui molto prima di misurarmi con il mio!

Forse il perfezionismo si respira nelle famiglie in cui cresciamo: essere perfezionisti è una strada che si percorre camminando nel solco tracciato dalla nostra famiglia. Di fronte ai miei primi impegni scolastici, la me bambina veniva spinta a ripetere a sfinimento la lezione per imparare, per ripassare e per ripassare ancora. Fino all’ora X dell’interrogazione non esisteva un momento in cui chiudere la fase di apprendimento di quella lezione. Che io fossi una visiva e che poco mi giovasse ripetere e ripetere la lezione che avevo già appreso ricorrendo ai miei schemi grafici, poco importava. Lo sfinimento serviva a placare l’ansia che la mamma riversava su di me.

La prima elementare l’ho fatta in gran parte a casa a causa di una lunga malattia e la mia maestra è stata mia madre. Parliamo di una donna eccezionale laureata in chimica in tempi in cui le donne al massimo potevano pensare a fare le professoresse di letteratura e parliamo di una efficace perfezionista che, per supportarmi adeguatamente non solo si è documentata sul programma, ma ha approfondito le più avveniristiche (per l’epoca) teorie pedagogiche. Così, quando ancora nessuno sapeva di cosa si trattasse, io ho affrontato la matematica con l’approccio dell’insiemistica. Quando sono rientrata a scuola ero preparatissima, ho sostenuto con successo l’esame di ammissione alla seconda elementare stupendo la commissione per il livello della mia preparazione. Avevo introiettato strutture logiche di pensiero formidabili… eppure ero molto molto insicura della mia preparazione. L’anno scolastico successivo l’ho trascorso cercando di fare esercizio di trasparenza ma non sono un’introversa, non lo sono mai stata, e stare in un angolo a misurarmi con la paura di non essere all’altezza era forse per me più gravoso che rischiare. La mia indole mi ha salvata e ne sono uscita.

Dalla seconda elementare insomma ho preteso di studiare da sola, ma il danno era in parte fatto: sono sempre arrivata agli appuntamenti molto preparata, stra-preparata, se vogliamo proprio dirla tutta e sempre con l’idea che avrei potuto fare molto di più.

Non voglio qui raccontare la storia della gestione della mia personale tendenza al perfezionismo.

Come non subire il perfezionismo degli altri

Quello di cui vorrei qui parlare è di come, a partire dalla prima esperienza, ho gestito il perfezionismo degli altri.

Relazionarsi con un perfezionista non è mai facile. Il perfezionista ha argomentazioni solidissime e, se non è della specie ossessiva, ottiene quasi sempre ottimi risultati. Li ottiene sacrificando il suo riposo il suo benessere in una parola la sua felicità, usa un sacco di energie per mettere a tacere le sue insicurezze e spesso obbliga anche le persone che ha intorno a seguire i suoi tour de force.

Avete mai provato a organizzare un viaggio con un perfezionista? La tabella di marcia sarà un’allucinante lista di imperdibili attrazioni da visitare trascinandosi dietro pesanti bagagli in cui avrà costretto abiti per tutte le evenienze climatiche sociali, i farmaci per qualsiasi tipo di disagio fisico possa capitare (dalla stitichezza alla febbre petecchiale, questo ovviamente anche se sarà in visita in una metropoli europea).

Avete mai avuto un collaboratore perfezionista? È colui che mascherando la sua indole ossessiva con una pretesa di precisione, richiederà a voi continue valutazioni della bontà del suo lavoro senza accontentarsi mai del risultato, ne usciranno revisioni infinite a presentazioni, sempre più lunghe ed esaustive e poi sempre più brevi e sintetiche alla disperata ricerca della formula universale della perfezione.

Avete mai avuto un responsabile perfezionista? È colui che chiede sempre cose nuove, aggiungendo attività, insicuro quando c’è un problema vi affida la risoluzione ma, incapace di una vera delega, saltella intorno a voi senza darsi pace fino a quando non avete ottenuto il risultato.

L’elenco potrebbe continuare e includere quasi tutte le situazioni quotidiane.

Come dobbiamo comportarci? Come possiamo arginare gli effetti del perfezionismo altrui sul nostro quotidiano?

Partiamo dal presupposto che non è possibile “guarire” qualcuno altro dal proprio perfezionismo. Uscire dal vorticoso loop del perfezionismo può essere solo una scelta individuale.

Possiamo quindi difenderci dagli effetti e al massimo essere “suggeritori” impliciti di strategie.

Le strategie possibili sono:

  • Definire regole stringenti

Il perfezionista è solitamente ligio alle regole. Le regole sono un vincolo rassicurante e fissano il perimetro entro il quale si può muovere. Le regole si possono applicare ai tempi o ai contenuti. Una dead line fissa è utile per limitare il loop di progressivo approfondimento. Se il perfezionista è un compagno di viaggio è utile definire una propria lista di attrazioni da visitare e lasciare un margine contingentato dei siti eventualmente da aggiungere, indicare come i break nel viaggio come esperienze da vivere per arricchire l’esperienza turistica consentirà a voi e al vostro compagno di viaggio di godere il riposo senza massacrarsi di sensi di colpa da scarsa efficienza. Lo stesso vale per il bagaglio: se la sfida è poco peso e pochi pezzi in valigia il perfezionista sfogherà la sua ansia da solo prima di partire alla ricerca dell’abbigliamento più versatile e tecnico.

  • Separare le aree di influenza

Quando si lavora con un perfezionista è fondamentale assegnare chiaramente i compiti e le aree di pertinenza. Lavorare insieme ma come dire “a distanza di sicurezza” per non doversi caricare del lavoro in più che vorrebbe imporci. È possibile gestire anche l’ansia di un capo perfezionista. La rassicurazione del “ti porterò il risultato ma ora lasciami lavorare”, lo farà arrabbiare la prima volta, si sentirà colpito nella sua mania di controllo ma quando avrete soddisfatto efficacemente le necessità vi percepirà come una sicurezza e vi lascerà fare convinto che avete il potere di fare tutto quello che vorrebbe saper fare lui nello stesso tempo.

  • Fuggire

In alcuni casi, non è possibile arginare il mood del perfezionista con il quale ci relazioniamo, non bastano le rassicurazioni e non basta l’evidenza del risultato. Se il perfezionista non riesce a rassegnarsi alla logicità della cooperazione costruttiva e della regola, non resta altro da fare che fuggire il più lontano possibile. Solo sottraendoci dalle costrizioni imposte dal perfezionismo altrui potremo fermarci a valutare se e quanto siamo perfezionisti, trovare l’antidoto e imboccare la strada per la nostra personale riuscita nelle attività. Abbandonare un atteggiamento perfezionista significa essere più produttivi, più efficaci, più riposati e sicuramente più felici!

Che ne dici, cara Vera Verità? Può andare l’articolo scritto in questo modo :) ?

Certo si potrebbe approfondire il tema, leggere qualche contributo scientifico in più, analizzare con più precisione un paio di episodi che potrebbero esemplificare i concetti, ma ora vorrei, per una volta, concedermi questa prova di produttività estemporanea.

Dimentico l’indole studiosetta e mi/ci regalo un momento di fuga dal perfezionismo.

A presto

In fede da Vera Verità a Vera Verità