Caro leader, sorridi e il mondo ti sorriderà. Quanto c’è di vero?

Dislaimer: se pensi di non essere un leader e che pertanto questo articolo non ti riguarda. Beh, mettiti comodo e scoprirai a breve perché non è così.

Ci tengo a iniziare questo articolo con una riflessione: esattamente come mamma azienda non è tenuta a prendersi cura dei suoi piccoli, un leader non è un soggetto che da solo guida un gruppo mentre tutti gli altri lo seguono passivamente.

Questa immagine non è più credibile e soprattutto non rispecchia la realtà. Esiste, infatti, una responsabilità condivisa che chiama ognuno di noi a essere attore principale del cambiamento o del miglioramento di una certa situazione. Essere leader non significa avere tutte le risposte, esattamente come avviene per la genitorialità. È una credenza comoda che alimenta una montagna di scuse per scaricare sugli altri pesi e responsabilità.

Dopo questa doverosa precisazione, veniamo ai sorrisi.

Ricordate il detto “sorridi e il mondo ti sorriderà”? Bene, è arrivato il momento di tirarlo fuori dai cassettini della memoria, ripulirlo dalla visione hippy e rileggerlo in chiave pragmatica.

Le neuroscienze l’hanno dimostrato da tempo, ed empiricamente tutti noi l’abbiamo più o meno vissuto sulla nostra pelle: gli umori dei leader influenzano le emozioni di coloro che li circondano. Questo accade perché il sistema che governa le nostre emozioni è un sistema a circuito aperto, ovvero risente delle connessioni con le altre persone. Ora non dovrebbe essere una sorpresa per nessuno che la risata, e l’allegria che sprigiona, è la più contagiosa delle emozioni. Ma non tutti forse sanno il perché accade: semplice, siamo progettati così.

Gli scienziati affermano che questa dinamica si è radicata nei nostri cervelli sin dalla preistoria, quando sorrisi e risate contribuivano a cementare relazioni e alleanze, favorendo la sopravvivenza della specie umana.

Il sorriso può bastare?

Sorge spontanea una domanda: se le cose stanno così, allora possiamo dire che con il buon umore si risolve tutto? No. Mi spiace non è così. Siamo davanti a quella che in matematica si definisce condizione necessaria, ma non sufficiente.

Se è vero che l’umorismo accelera la diffusione di un clima positivo è vero anche che sorrisi e buon umore sono efficaci, solo quando sono genuini.

Il che significa che per quanto i leader dovrebbero avere un atteggiamento positivo, il loro comportamento deve fondarsi sul realismo, soprattutto nei momenti di crisi.

Non stiamo parlando di indossare occhiali rosa e illuderci che vada tutto bene, o peggio fingere di mantenere la calma, e non significa nemmeno che un leader deve sempre sapere a priori cosa fare e come farlo al meglio, significa semmai che deve attingere dalla propria intelligenza emotiva e allenarla per convogliare le sue emozioni, anche quelle negative, in azioni concrete e costruttive.

Che cosa significa allenare l’intelligenza emotiva

Sebbene le competenze emotive siano parzialmente innate, l’esperienza ha poi un peso ancor più significativo. Ecco perché più agiamo in un certo modo – iracondi, allegri, malmostosi… – e più quel comportamento entra nei nostri circuiti cerebrali ed emotivi e più tenderemo a sentirci in quel modo. Bene come si spezza questo circolo vizioso? Ecco qui che arriva in aiuto l’allenamento dell’intelligenza emotiva.

Allenare l’intelligenza emotiva significa:

  • monitorare i comportamenti e gli atteggiamenti con l’autoconsapevolezza,
  • cambiarli in meglio con l’autogestione,
  • comprenderne l’impatto con l’empatia,
  • agire per stimolare in positivo l’umore degli altri.

Qual è il ruolo del coach nell’allenare l’intelligenza emotiva?

Capite bene perché spesso un percorso di career coaching incentrato sulla leadership o sulla self leadership implica un grosso lavoro sull’intelligenza emotiva.

Se volessimo semplificare potremmo dire che si tratta di un viaggio in cui il coach guida il proprio coachee alle ricerca delle risposte a queste 5 domande chiave:

  • Chi voglio essere?
  • Chi sono adesso?
  • Che cosa devo fare per passare dal punto in cui sono oggi a dove vorrei essere?
  • Come posso far attecchire il cambiamento?
  • Chi può aiutarmi?

Capite bene perché quando diciamo “Sorridi e il mondo alias i tuoi collaboratori ti sorrideranno”, non intendiamo dire che l’umore è tutto ciò che conta, semmai come dice Goleman: “la leadership emozionale è la scintilla che mette in moto la performance di un’azienda, creando il falò del successo o le ceneri dell’insuccesso. È per questo che gli umori contano così tanto”.

È per questo che il World Economic Forum ha inserito l’intelligenza emotiva nella lista delle 10 competenze più richieste nel mercato del lavoro.