Quanta resistenza hai?

Si fa un gran parlare di cambiamento, eppure, c’è un dettaglio che spesso sfugge: il cambiamento può assumere tante forme e ogni forma implica un qualche livello di difficoltà. C’è il cambiamento più sottile, quasi impercettibile, che accade in ogni singolo momento; quello più drammatico che quando avviene mette tutto sottosopra in una frazione di secondo; e quel cambiamento che, sebbene di grande impatto, è più graduale. Alcuni cambiamenti possiamo controllarli, altri no. Alcuni si rivelano immediatamente permanenti, altri sembrano più malleabili e quindi più navigabili.

In questo contesto di infinite variabili, c’è qualcosa che dipende solo da noi. La prospettiva. D’altro canto, guardare il mondo e la situazione da diverse angolazioni ci offre svariate opzioni, ma anche gentilezza verso noi stessi e un rinnovato senso di responsabilità. Tutti elementi che ci daranno la possibilità di valutare e scegliere qual è il modo migliore per rispondere a un dato evento.

Tutto vero e molto bello, ma non possiamo tralasciare un aspetto: siamo condizionati da una cultura che pone estrema enfasi sull’essere vincenti e al contempo spinge alla resistenza, all’essere forti.

Fate un piccolo esercizio, ripensate alle ultime conversazioni in cui avete condiviso una difficoltà: in quanti vi hanno risposto con frasi che in qualche modo andavano in questa direzione? E quante volte l’avete fatto anche voi stessi con gli altri? (Qualche esempio… tieni duro, sii forte, forza…). Questo non significa che in assoluto siamo brutte persone, o abbiamo pessimi amici, semplicemente, mette in luce quanto abbiamo interiorizzato la cultura della resistenza al punto che il nostro linguaggio si è automaticamente appiattito in tal senso. Dimenticando di valorizzare l’unica risorsa davvero utile: la resilienza.

Negli ultimi anni si è fatto un gran parlare di resilienza e di quanto sia utile per riuscire ad abbracciare davvero il cambiamento, ma siamo certi che ne conosciamo davvero tutte le pieghe? Abbiamo imparato davvero ad attingere dalla nostra resilienza o siamo più ancorati alla resistenza?

A ognuno la sua resistenza

La resistenza può assumere molte forme e solo imparando a riconoscerla possiamo attivare la consapevolezza necessaria per affrontarla. Oggi ne vediamo tre.

Resistenza razionale: questo tipo di resistenza è generalmente percepita come basata sui fatti. Il cambiamento non sembra rientrare nella ragione e negli aspetti logici. È il caso tipico di quando affermiamo che non c’è abbastanza tempo, spazio, denaro o altre risorse per adattarci al cambiamento.

Resistenza emotiva: siamo in questo ambito quando facciamo i conti con emozioni e sentimenti che impediscono di accettare il cambiamento. Paura dell’ignoto, mancanza di fiducia e/o sicurezza, rabbia, frustrazione etc… In questo caso, è fondamentale lavorare per comprendere gli atteggiamenti, le convinzioni e le percezioni che stanno innescando questa resistenza.

Resistenza sociale: infine, ma non meno importante, la resistenza sociale si basa sulle aspettative che crediamo gli altri abbiano su di noi, sulla pressione per distinguerci o inserirci nei contesti, il bisogno sentirsi amati, di appartenere, di aggiungere valore alla comunità… E ancora, paura di conflitto di valori, gerarchie, bisogno di potere e status, rispetto… così tanti aspetti nella nostra relazione con gli altri possono avere un enorme impatto sul modo in cui viviamo il cambiamento.

Resilienza e cambiamento

Se è vero che la resilienza è una valida alternativa alla resistenza, nell’affrontare il cambiamento e gli ostacoli della vita, è vero anche che per riuscire ad attivarla, e attingere da essa, è necessario capire cosa ci trattiene dal farlo.

Il cambiamento influisce sul nostro equilibrio, sul modo in cui le cose e le persone sono, si sentono o sono percepite. E per quanto paradossale, questo può essere scomodo, anche quando quel cambiamento è positivo e ci avvicina a un nuovo equilibrio desiderato.

La resilienza è come il bambù. Si piega e oscilla con il vento, pur mantenendo le sue radici a terra, salde e forti. Il vento soffia e alla fine passerà e svanirà, ma il bambù rimane, alto come sempre, e continuerà a crescere rapidamente nonostante tutto, senza combattere l’ambiente circostante.

Così possiamo essere noi: oscillando e adattandoci al cambiamento pur rimanendo fedeli e connessi alle nostre fondamenta.

 

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