Meglio lavorare da remoto o di persona?

Quante volte avete sentito questa domanda o voi stessi l’avete posta? Immagino parecchie… ma diciamolo subito, la vera verità è che questa domanda oltre a essere sbagliata è pericolosa e fuorviante.

“Ilenia, come sbagliata?” Direte voi, “Adesso che possiamo finalmente scegliere, arrivi tu e dici che la domanda è sbagliata!”.

È vero, l’obiezione ci sta, ma solo se non ragioniamo sul vero significato delle parole. Mi spiego meglio. Nelle ultime settimane la progressiva normalizzazione della vita sociale e il conseguente allentamento delle restrizioni hanno riportato nelle aziende tantissimi lavoratori. Il che, come è naturale che sia, ha generato spesso reazioni contrastanti: dai nostalgici felici di tornare in azienda, agli amanti dello smart working con il mal di pancia da rientro.

Ma fintanto che si resta ancorati a uno degli schieramenti non si trova una quadra, ognuno troverà ragioni per supportare la propria posizione senza far progredire il dibattito.

L’inutile dicotomia

Il vero problema a mio avviso sta proprio nel modo di affrontare la questione che viene posta come a una dicotomia: o lavoriamo in azienda, o lavoriamo a distanza. La vera questione non è se sia meglio in assoluto una soluzione o l’altra. Il punto è avere il coraggio di fermarsi a riflettere in modo onesto e coraggioso su chi sono le persone coinvolte nel lavoro, quali attività svolgono, di che cosa hanno realmente bisogno

Il tutto però accompagnato dal più grande atto di coraggio: ascoltare.

È vero, le aziende stanno vivendo la pericolosa fase della Great Resignation, ma anche la straordinaria opportunità di avere dipendenti con più bisogni – anche diversi tra loro – contemporaneamente soddisfatti. Perché scegliere in modo esclusivo quando è possibile proporre soluzioni personalizzate, che da una parte rendono felici i dipendenti e dall’altra permettono alle aziende di avere una forza lavoro pienamente impegnata e ingaggiata, con implicazioni positive a cascata per l’intera produttività?

D’altro canto, siamo unici, ognuno con le proprie peculiarità e con il proprio specifico lavoro e pensare di dover fare una scelta a monte, univoca per tutti, non può più essere la soluzione praticabile. Ci sono lavori che necessitano del team per essere svolti al meglio, altri di calma e silenzio. Ci sono persone che a casa non riescono a lavorare, altre che rendono il doppio… e ancora ci sono coloro che hanno appena iniziato un lavoro – o sono all’inizio della propria carriera – e hanno bisogno della quotidianità di persona e altre che optano per la totale autonomia casalinga.

Insomma… Scegliere e stare nella dicotomia non solo è anacronistico, ma anche demotivante.

Dialogo ed empatia

Il momento è complesso, l’economia fatica a riprendersi, le persone sono sempre più demotivate e stanche, ma grazie al dialogo e all’empatia abbiamo ancora margine per creare luoghi di lavoro migliori. Luoghi che favoriscano le connessioni tra le persone, ma soprattutto permettano ai dipendenti di trovare più equilibrio tra lavoro e casa.

E tu caro leader, non pensare che queste scelte non abbiano a che fare con te e che non sei tu a dover concretizzare queste parole.

La domanda di chiusura è per te: cosa stai facendo per favorire il dialogo e l’empatia?