Leadership: qual è la sfida del nuovo decennio?

Qualche tempo fa mentre portavo avanti i miei studi sulla leadership e le nuove sfide del prossimo decennio, ho letto una frase che mi ha colpito molto… tanto per la sua semplicità quanto per la sua veridicità. Hai presente quando ti ritrovi a esclamare: “ovvio, ma come ho fatto a non pensarci prima!”?? Ecco, così, ed è quello che mi è successo leggendo queste parole: “La caratteristica più insidiosa di quello che noi chiamiamo errore è la sua irriconoscibilità”.

In diverse occasioni a proposito di leadership ho parlato della capacità di un leader di stare a bordo campo e di saper delegare, oggi vorrei aggiungere un tassello proprio a partire dalla consapevolezza degli errori che tutti noi commettiamo ogni giorno.

D’altra parte, solo se prediamo coscienza di avere un problema, possiamo passare alla strategia per risolverlo.

Ogni manager, così come ogni singolo dipendente, ha un obiettivo da raggiungere e il suo obiettivo concorre a sua volta al raggiungimento di un obiettivo più grande. Se è vero che l’atteggiamento rispettoso e costruttivo di ogni singolo è fondamentale per permettere a ognuno di migliorare e dare il meglio di sé, è vero anche che le situazioni si incagliano nelle singole dinamiche quotidiane. Tutte le grandi promesse e i proclami aziendali saltano in aria e si sbriciolano non appena si apre bocca a sproposito.

Ecco perché creare un buon clima non è scontato.

Ecco perché in un decennio in cui il rispetto del valore della persona nella sua interezza diventerà un must e l’interdipendenza crescerà di pari passo con la tecnologia, le organizzazioni che vogliono continuare a prosperare non si possono più permettere di prescindere dalla valorizzazione delle persone stesse.

Che cosa ostacola la comunicazione efficace in azienda

Le riunioni e i momenti di confronto diventano spesso il grande incubo, il maggiore inibitore è la cultura di cui siamo permeati. Nella nostra cultura occidentale tendiamo a rispettare di più chi ha raggiunto traguardi importanti.

In sostanza, come spiega in questo libro Edgar Schein, tendiamo a nutrire umiltà facoltativa verso chi ha successo o ricopre una posizione di potere, mentre l’umiltà del qui ed ora, che si basa sulla consapevolezza di dipendere da qualcuno ogni volta che abbiamo uno scambio e lavoriamo per un obiettivo comune, è invece merce molto rara.

Va da sé che il grado con cui superiori e subordinati adottano un atteggiamento di umiltà dipende dagli assunti di base propri della cultura da cui provengono.

Quali sono i due ostacoli principali alla diffusione di una comunicazione efficace?

1 – È più importante portare a termine un compito che costruire una relazione. Parliamo di team ma in fondo il gruppo non ci piace davvero e molto spesso pensiamo che le riunioni siano una perdita di tempo. Viviamo una grande contraddizione tra il concetto di squadra e team che valorizziamo a parole, perché comunemente apprezzabile come valore condiviso, ma in cuor nostro sappiamo che senza la singola star il gruppo non ce l’avrebbe mai fatta.

 2- Dire vale più che domandare. Apprezziamo la capacità di fare le domande giuste, ma non di chiedere in generale. Il chiedere lo associamo a debolezza e ignoranza. Spesso introduciamo una domanda con la frase: “forse ti farò una domanda stupida e mi scuso anticipatamente…”. L’idea che un dirigente chieda consiglio sul da farsi a un subordinato è spesso considerata abdicazione di potere.

Adesso fermati a riflettere: tu come ti rapporti a questi due aspetti?