Come reagire alle provocazioni? 8 mosse vincenti

Come reagire alle provocazioni? 8 mosse vincenti

Come reagire alle provocazioni? 8 mosse vincenti

Cara Ilenia,

Eccoci qui! Ancora noi!

Oggi vorrei fare alcune riflessioni sul tuo articolo “Le frasi che non si devono dire (in nessun caso!)”. Scrivi delle frasi che è bene evitare perché non portano alcun beneficio alla relazione e al tuo interlocutore. Ma come possiamo disinnescare il potere distruttivo di queste frasi quando vengono rivolte a noi? Come possiamo attivare l’antidoto? Evitare la trappola in cui nonostante la nostra preparazione e la nostra forza rischiamo di cadere?

Possiamo ignorarle, farcele scivolare addosso, fingere (in modo convincente soprattutto verso noi stessi) di non averle sentite e questo può aiutarci a definire una misura di irrisorietà che le impoverisce.

Per adottare questo atteggiamento, occorre una grande stabilità emotiva e la capacità di prendere le distanze da chi, di fronte a noi, ci parla.

Quando non è possibile, è necessario reagire, rispondendo e difendendoci, cioè dimostrando a noi stessi di non essere inermi e passivi di fronte a questi attacchi.

La risposta, se è troppo carica emotivamente, rischia di farci sentire ancora più impotenti, ma la risposta logica e meditata ha il potere di raccogliere rispetto e di aprire al confronto (che è il solo vero espediente in grado di abbattere le false credenze di cui queste frasi sono portatrici).

Ipotizzerò quindi alcune risposte o alcune domande con cui è possibile ribattere alle otto frasi nefaste.

1Abbiamo sempre fatto così”: il classico dei classici, supportato da migliaia di proverbi e detti popolari, è la frase che blocca il miglioramento e l’innovazione.

La domande utili sono “Ci siamo trovati sempre così bene?” e “Se volessimo da ora in poi fare meglio?” Se l’interlocutore non si ammorbidisce è sempre possibile ricorrere a un ironico “Cerchiamo di non essere antichi!”, non esiste nulla di più efficace dello spettro dell’obsolescenza per promuovere l’innovazione!

2 Non ce la faremo mai”: quante volte è capitato? Migliaia! Di solito in queste occasioni occorre distinguere se ci troviamo di fronte a un semplice atteggiamento pessimistico o a una rinuncia di fronte a una situazione particolarmente critica. Nel primo caso, è utile smarcare la propria posizione dal rassicurante plurale usato dall’interlocutore, ossia sempre con il sorriso sulle labbra pronunciare: “Tu non ce la farai? Io si!”, che di solito ha l’immediato contagioso effetto di far sì che tutti ce la possano inaspettatamente fare. Nel secondo caso, è importante proporre un approfondimento: “Verifichiamo i problemi? Possiamo trovare una soluzione”.

3 “È tutta colpa tua!”: ecco il grande tema della colpa che alle nostre latitudini è un evergreen! In questo caso è opportuno resistere alla tentazione del “Chi non fa, non falla!”, sacrosanta ma poco utile ad aprire un dialogo. Meglio “accogliere” la colpa, ammettendo la nostra responsabilità, il suggerimento è quello di dar ragione al nostro interlocutore facendo attenzione a non utilizzare mai il termine colpa, e ripetendo più volte nella frase il concetto di responsabilità, questo trucchetto ci aiuterà a toglierci dalla scomoda posizione del bambino rimproverato e ci porrà su un piano paritetico.

4 “Ho fatto il lavoro al posto tuo. Tu dove eri?”. Non azzardatevi a cercare giustificazioni, chi pronuncia queste parole tiene molto al proprio ruolo di vittima. Da questa recriminazione difficilmente si riesce a costruire un dialogo costruttivo, l’importante è evitare la sensazione del lazzarone, sapete benissimo che chi avete di fronte avrebbe potuto reclamare il vostro aiuto con più energia.

5 “Tu fai sempre…/Mai una volta che…”. Provate a rispondere “La prossima volta, se mi darai indicazioni puntuali, vedrai che sarà diverso…”, ossia date evidenza che modificando la qualità dello stimolo può cambiare la qualità dell’effetto.

6 “Fai come ti dico altrimenti…”. Il primo passo per gestire la minaccia è chiedere che venga formalizzata qualitativamente e quantitativamente, rilanciando con “Altrimenti? Che succederà mai?”, se la relazione con l’interlocutore lo permette, una sana risata consentirà di spezzare la tensione e dimostrerà l’assurdità dell’atteggiamento.

7 “Stai facendo un dramma per nulla.” Ecco! Questa è la tipica affermazione per toglierci la credibilità. È possibile che il nostro interlocutore abbia ragione, ma è importante che rispetti il nostro smarrimento. Chiediamo la sua attenzione e il suo aiuto.

8 “Ho sentito dire che…”.  Come è possibile togliere potere ai rumors? Ricorriamo al famoso paradigma giornalistico delle cinque W (Who, What, When, Where e Why) in questo modo renderemo oggettiva l’informazione che nel novanta per cento dei casi dimostrerà immediatamente la sua inconsistenza.

Le frasi sbagliate sono responsabili di una parte consistente delle nostre emozioni negative, sul lavoro e nella vita in famiglia.

Le frasi sbagliate hanno il potere di ricacciarci in un attimo nei momenti più bui della nostra infanzia o adolescenza.

Il primo passo è reagire, dare il segnale che abbiamo riconosciuto la “pozione avvelenata” e che abbiamo l’antidoto. Allo stesso tempo dobbiamo essere noi a evitare di applicare questa logica nel dialogo con noi stessi.

Quando mi capita di vivere situazioni di disagio, in cui riconosco di non essere stata in grado di gestire in modo opportuno una delle terribili frasi, respiro, mi concentro e descrivo brevemente la scena che ho vissuto, inventando almeno cinque finali alternativi, ogni finale mi suggerisce una strategia possibile. Questo esercizio è una palestra in cui allenare le nuove mosse per le future occasioni, mi fa sentire più forte e aiuta a superare il senso d’impotenza che di solito ci assale in queste situazioni.

Questo esercizio è un modo per liberare energie creative ed esplorare prospettive differenti.

Possiamo promuovere il cambiamento felice se accogliamo le nostre emozioni.

In fede

da Vera Verità  a Vera Verità