Che cosa significa lavorare bene?

Che cosa significa lavorare bene?

Che cosa significa lavorare bene?

Quando e per quali motivi posso dire che ho raggiunto i livelli di un’efficace performance? Quali sono gli standard a cui puntare?

Queste, cara Vera Verità, sono le domande che mi pongo oggi.

Qualche anno fa avrei risposto senza esitazione “lavorare bene significa portare risultati”, ovvero raggiungere l’obiettivo con il livello di qualità più alto che si può esprimere e nei tempi richiesti. Questo approccio, ovviamente, era declinato nella quotidianità in un impegno matto e disperatissimo, contro tutto e tutti. La mia personale guerra per costruire, passo dopo passo, il successo del progetto o dell’attività.

Funzionava? Certo! E potrei stilare una lunga lista di obiettivi raggiunti. Ma significava vivere sempre in trincea, trattenendo il respiro sempre pronti all’assalto.

Nella mia storia a un certo punto è arrivato il cambiamento e insieme a lui, tanto ragionare, tante riflessioni di coaching e tanti bilanci personali e professionali. Oggi per me lavorare bene significa “metterci del proprio”. Un progetto è un successo se i membri possono autenticamente fare la differenza non solo con le proprie specifiche competenze nel “saper fare” ma anche con i loro talenti di individui.

Un affare di gruppo

Il successo, come vedi, è un affare di gruppo e l’ingrediente principale per raggiungerlo è il rispetto per e delle persone con cui collaboriamo. Il manager leader conosce i propri collaboratori, ne riconosce i limiti e valorizza il potenziale. Il manager efficace sa quali sono le leve per far crescere i talenti e la soddisfazione dei membri del suo team. All’interno dei gruppi di lavoro si riconosco facilmente i punti di forza e di debolezza in ambito relazionale. Così ogni membro rappresenta una sfida per i suoi compagni.

Se concepiamo un progetto di lavoro come una sfida per il gruppo, riusciremo ad apprezzare il talento di chi chiacchera portando il buonumore nei momenti critici e di chi tace osservando. Se alla fine il lavoro sarà giunto gloriosamente alla fine, ci sarà un doppio risultato, l’obiettivo raggiunto e la valorizzazione degli individui. E l’effetto collaterale della soddisfazione!

Tutto questo è ovviamente elevato di potenza nel caso della co-creazione e nel caso di progetto scelto dal gruppo anziché assegnato dall’esterno.

Vera Verità, sono oggi un po’ verbosa? Ho fatto un lungo giro per arrivare al punto: “lavorare bene” significa dedicare se stessi al raggiungimento di un obiettivo che ci piace mettendo in gioco la parte migliore di noi e sviluppando i nostri talenti!

“Eh già”, dirà qualcuno, ”facile quando ci si dedica alle proprie passioni… ma come è possibile farlo in azienda? O nella libera professione? Come è possibile quando gli obiettivi pratici sono dettati dal mercato o dall’organizzazione?”

È possibile, grazie a buon manager e all’esercizio coraggioso della sincerità. Quante volte rinunciamo a noi stessi o a esprimere i nostri desideri per pigrizia o per compiacere uno status quo che percepiamo come immodificabile?

Il coraggio di essere autentici

Gli audaci, che anche all’interno di rigide organizzazioni, sono in grado di manifestare le loro propensioni sono oro. Dobbiamo essere noi, in prima persona, a non farci ingabbiare dalle nostre competenze certificate e a esprimere i nostri talenti trasversali.

Se saremo in grado di utilizzarli fino in fondo, saranno il quid che ci rappresenterà e che farà di noi un collaboratore prezioso e ricercato.

Chi non vorrebbe collaborare con un informatico che comunica in modo semplice ed efficace anziché con il nerd tutto codici e applicazioni che si aspetta di incontrare? Chi non vorrebbe misurarsi con un contabile attento al processo e alle persone prima che alle regole? Chi non vorrebbe incontrare un commerciale appassionato di relazioni prima che di vendita?

Per realizzare noi stessi nel lavoro, è necessario ridiscutere i luoghi comuni che ci intrappolano in comportamenti, che non ci rappresentano in pieno per interpretare la nostra professione, qualsiasi essa sia, con il coraggio dell’autenticità.

E tu, Vera Verità, quale parte dei tuoi talenti vuoi spendere nel nostro prossimo progetto?