C’è chi trova la penna e chi la perde

C’è chi trova la penna e chi la perde

C’è chi trova la penna e chi la perde. Storia di chi impara a dire NO

Scoperchiamento è la parola che guida questo momento. E ho scelto di proposito una parola dura, che suona male, ma rende molto l’idea.

Scrivere i testi di questo sito, fare le fotografie, sceglierne la grafica sono state tappe di un viaggio emozionante. Per diverse vicissitudini, che vi racconterò in un altro momento, il mio sito ha tardato ad andare online, ma di fatto l’ho elaborato in una notte.

Un po’ perché sono un animaletto notturno, un po’ perché la mia creatività fluisce così: all’improvviso. E all’improvviso devo cavalcarla, altrimenti si offende e mi abbandona.

E così ho fatto; ho scritto i testi di getto senza censure, non perché sia brava o veloce o perché mi venga naturale, semplicemente perché in quell’occasione mi sono concessa il permesso di dare voce alla mia identità.

In quella fase ho lasciato indietro solo una parte: il blog.

Non volevo in alcun modo metterci la testa. L’ho evitato. Per giorni, per settimane. Ma lui era lì, mi tormentava ogni istante. Appena fingevo di dimenticarmene tornava, come un pensiero fisso. Martellante.

Finché ho deciso di dargli un nome: l’anti-blog, quello che vedete adesso.

Perché l’anti-blog?

Perché riassume perfettamente l’avversione che provavo per lui. Il blog nella mia mente era associato al mettersi in cattedra, al dare risposte e all’offrire soluzioni preconfezionate. Ebbene sì… era questa la mia condizione limitante che mi precludeva la possibilità di esprimermi liberamente, che mi metteva nella condizione di chiedermi: “Chi sei per scrivere di questi argomenti?”, “Chi mai potrebbe essere interessato alla tua opinione?”, “Chi ti credi di essere?”.

Queste domande hanno letteralmente scoperchiato una parte di me che tentavo in tutti i modi di nascondere e che invece cercava solo di essere ascoltata e accolta.

Ho passato due mesi a scervellarmi, a dirmi che non era normale tutto ciò.

E poi a un certo punto… è arrivata l’illuminazione: “Ilenia, non vuoi farlo? Allora, non farlo”.

Tra le tante lezioni imparate sull’assertività, ho capito che il NO più grande e più importante avrei dovuto iniziare a dirlo a me stessa.

Un NO che nel momento stesso in cui l’ho pronunciato mi ha regalato una sensazione adrenalinica: la libertà. Dicendo quel NO mi sono riappropriata di un pezzettino di me stessa. Ho fatto pace con quell’Ilenia piccola che avevo lasciato a metà strada, quell’Ilenia cocciuta che quando a soli 10 anni proposero di scrivere un libro di racconti per bambini rispose: “No, i racconti li scrivo solo per me”.

Peccato che dopo quel no, abbia inanellato una serie di Sì fuori posto… ma questa è un’altra storia.

Da quel NO, oggi ricomincio a scrivere. Perché quel NO non era, e non è, un NO assoluto alla scrittura è un NO a una modalità che non mi appartiene.

Ci sarò a modo mio, a volte condividendo con voi la mia vita e tutto ciò che il coaching mi ha donato e continua a donarmi ogni giorno, a volte lasciando cadere la penna e cedendo la parola ad altri.  Dopotutto questo è l’anti-blog.